Selinunte Sicilia - Guida Turistica

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.: SELINUNTE SICILIA
 Selinunte (greco Selinos, latino Selinus) era una antica città greca sulla costa sud-occidentale della Sicilia.
 Secondo Tucidide, Selinunte fu fondata verso la metà del VII secolo a.C. da coloni greci provenienti da Megara Iblea. Il sito scelto stava sulla costa del Mar Mediterraneo, tra le due valli fluviali del Belice e del Modione.
 Il nome deriva dal sedano selvatico che i coloni vi trovarono in abbondanza. Una foglia di sedano era raffigurata anche sulle monete coniate più tardi a Selinunte.
 La città fu l'avamposto occidentale della cultura greca in Sicilia. Si alleò con Cartagine, soprattutto per assicurarsi protezione contro la vicina città elima di Segesta. Ma dopo la disastrosa Campagna di Sicilia degli ateniensi (415-413 a.C.) cambiarono gli equilibri: Segesta, prima alleata di Atene, riuscì ad assicurarsi l'alleanza con i cartaginesi. I selinuntini non avevano colto i segni del cambiamento e distrussero Segesta, che credevano ormai priva di protezione. La reazione di Cartagine fu drastica: secondo Diodoro Siculo la città fu distrutta completamente, su 25.000 abitanti 16.000 morirono e 5.000 furono fatti prigionieri.
 Selinunte fu successivamente ricostruita da coloni greci e punici. Nel 250 a.C. dopo aver perso la prima guerra punica, Cartagine, per non farla cadere in mano ai Romani, distrusse una seconda volta la città, che non si sarebbe più ripresa.
 Selinunte, la colonia greca più occidentale della Sicilia, è una fondazione di Megara Iblea, dedotta ad un secolo di distanza dalla nascita di quest'ultima sulla costa orientale dell'isola. La data precisa della fondazione è tuttavia controversa, poiché circa tale cronologia possediamo due tradizioni contrastanti. Una di esse risale a Tucidide (VI 4, 2), il quale la colloca cent'anni dopo la fondazione di Megara, da lui datata al 728 a.C.; l'altra cronologia, fornitaci da Diodoro Siculo (XIII 59, 4) l'assegna al 651 a.C.. Il dibattito su questa duplice datazione, soprattutto in questi ultimi decenni, dopo gli scavi su grande estensione condotti a Megara Iblea, è stato particolarmente acceso, in relazione con le cronologie del materiale-guida d'età Orientalizzante, ovvero della ceramica proto-corinzia. Le esplorazioni più recenti sembrano favorire la datazione tucididea, peraltro in sostanziale accordo col sistema cronologico ricostruibile per il materiale proto-corinzio più antico sia di Megara (coppa di tipo Thapsos con e senza pannello) che di Selinunte (vasi del Corinzio antico); ma resta sempre non definitivamente risolta, come d'altronde in tutte le colonie greche, la questione se la documentazione archeologica del sito in nostro possesso sia quella più antica in assoluto.
 La colonia nacque in ogni caso come sottofondazione megarese, guidata da un ecista, Pammilo, inviato addirittura dalla madrepatria della stessa Megara Iblea; ossia da Megara Nisea in Grecia: la cosa dimostra - se ce n'era bisogno - che la nuova colonia rispondeva a ben precise esigenze di tutta la collettività megarese, individuabili piuttosto nella richiesta di nuove terre, mezzo di produzione fondamentale dell'antichità, che non in vaghe spinte di tipo mercantile. D'altro canto, la collocazione della città è particolarmente eloquente in tal senso: la valle del Selino (oggi Modione) e quella del Cottone, alle cui foci si colloca l'abitato selinuntino, sono soltanto l'estrema propaggine di una vasta estensione di fertili pianure, attraversate dai fiumi Selinos-Modione (ad ovest) e Hypsas-Belice (ad est). È questa la chora, il territorio ampio e ricco della colonia megarese, che un'iscrizione recentemente rinvenuta con dedica ad Ercole farebbe estendere fino a Poggioreale, ad oltre trenta chilometri dalla costa.
 L'insediamento venne creato a danno delle popolazioni indigene, sicane ed elime, di cui sembra sia stato scoperto un villaggio nell'area di Manuzza, ossia sulla collina dell'abitato greco adiacente al lato settentrionale dell'acropoli. Tuttavia, i dati relativi a questo villaggio sono al momento ancora poco evidenti (non si può escludere che trattasi dei resti dello stessi iniziale insediamento greco), e non è perciò possibile concludere che la deduzione coloniale ellenica sia avvenuta pacificamente, ossia col consenso delle popolazioni locali, come nel caso della madrepatria Megara. È certo che il rapporto con le popolazioni indigene fu qui come altrove conflittuale, dal momento che le vicende storiche dei quasi duecentocinquant'anni di vita di Selinunte sono punteggiate da scontri con la non lontana capitale elima, Segesta; ma va anche detto che tra Elimi e Selinuntini venne istituito un trattato di epigamia (Tucidide, VI 6, 2), ossia di libero connubio tra i cittadini delle due città, unione che sottintende lo scambio. Ciò naturalmente si può comprendere solo se si valutano la forte ellenizzazione dell'elemento elimo, espressione culturale di un intenso sviluppo delle forze produttive indigene, che avvicina, fino ad assimilarli, due livelli economici originariamente assai diversi.